sabato, Settembre 21, 2024

Anni Cinquanta, il decennio in cui nacque il made in Italy

In queste due pagine, alcuni degli oggetti esposti a Gorizia, fino al 27 agosto, alla mostra “Italia Cinquanta. Moda e design. Nascita di uno stile”. Sopra, lastra in refrattario smaltato e dipinto, Donna con Pesci, 1952, Guerrino Tramonti. In alto, da sinistra: Anguria, smalto su rame, Gio Ponti, 1956, e orologio meccanico da tavolo/muro, Cifra 5 (Gino Valle – Solari)

In questa pagina, abito da cocktail, 1956-57, di Roberto Capucci, e vaso Geltrude della serie Oriente di Dino Martens, 1953, in vetro soffiato con decoro di macchie in vetro policromo, tessere di canne, avventurina e murrine

In una mostra in corso a Gorizia, aperta sino al prossimo 27 agosto, la moda e il design del periodo storico che fu di grande fecondità sia dal punto di vista industriale che artistico e artigianale

Fu un’epoca di rinascita economica e culturale, di grande fecondità sia dal punto di vista industriale che artistico e artigianale, momento che segna la nascita del design italiano che sarebbe divenuto celebre come made in Italy. Parliamo degli anni Cinquanta, il decennio in cui nacque il mito dell’italian style, quando l’Italia, reduce dalle ferite della guerra, scelse di aggredire il futuro. Presto sarebbe arrivato il cosiddetto “miracolo italiano”, con le sue grandezze e fragilità, ma quel mito non si è mai offuscato, qualificandosi progressivamente sino a imporsi come il plus del nostro paese nei settori più diversi.

A questo periodo storico è dedicata la mostra “Italia Cinquanta. Moda e design. Nascita di uno stile”, in corso dal 21 marzo fino al prossimo 27 agosto, presso il sontuoso Palazzo Attems Petzenstein di Gorizia, la città che nel 2025 sarà capitale europea della cultura. 

Promossa e organizzata dalla ERPAC FVG (Ente Regionale per il Patrimonio Culturale del Friuli-Venezia Giulia) attraverso il suo Museo della Moda e delle Arti applicate di Gorizia, questa grande esposizione, curata da Carla Cerutti, Enrico Minio Capucci e Raffaella Sgubin, affiancati da un nutrito gruppo di specialisti, rilegge quel periodo alla luce di due specifiche componenti: la moda e il design, comprendendo in quest’ultimo anche la tradizione delle arti applicate, punto di forza della produzione italiana, più artigianale in epoche passate. A latere un terzo fattore, il cinema, che di quell’italian style fu un potentissimo mezzo di amplificazione planetaria.

Famosi designer e creazioni iconiche

La sezione dedicata al design e alle arti applicate spazia dai mobili alle lampade, dalle ceramiche ai vetri, dai metalli alle stoffe d’arredamento, ai tappeti e agli arazzi, scegliendo tra le eccellenze più esemplificative del periodo, sia dal punto di vista creativo che innovativo. A partire dai mobili disegnati da Franco Albini, Gio Ponti, Osvaldo Borsani, Gastone Rinaldi, Carlo Mollino, Ico Parisi, Marco Zanuso, Vico Magistretti, Luigi Caccia Dominioni, realizzati da Poggi, Cassina, Fornasetti, Arflex, Azucena, Tecno, Fontana Arte, Rima. 

Quindi le lampade all’avanguardia di Gino Sarfatti, Angelo Lelii, Max Ingrand e dei fratelli Castiglioni, le ceramiche affidate alla produzione industriale da Guido Andloviz, Antonia Campi, Giovanni Gariboldi, Piero Fornasetti, Ettore Sottsass e quelle più di nicchia create da Guido Gambone, Guerrino Tramonti, Salvatore Meli, Pietro Melandri, Alessio Tasca, Clara Garesio, la San Polo o, ancora, quelle d’autore di Lucio Fontana, Fausto Melotti e Leoncillo Leonardi. 

La ricchissima e straordinaria produzione muranese è stata esemplificata attraverso il meglio della Venini & C. (Fulvio Bianconi e Paolo Venini), di Aureliano Toso (Dino Martens), di Barovier & Toso (Ercole Barovier), e di Archimede Seguso, oltre ai vetri sommersi di Flavio Poli per Seguso Vetri d’Arte e le preziose reazioni policrome di Giulio Radi. 

Completano il quadro innovativo dell’arredamento preziosi smalti di Paolo De Poli e dello Studio Del Campo, alcuni su disegno di Gio Ponti, argenti di Lino Sabattini, Eros Genazzi e la nuova produzione industriale in acciaio di Sambonet e di Alessi. Non potevano mancare, a corredo di tutto ciò, stoffe, tappeti e arazzi: dalla rutilante fantasia di Piero Fornasetti ai bozzetti, ai tessuti e agli arazzi di Oscar e Fausto Saccorotti, Enrico Paulucci e Emanuele Rambaldi per MITA, i cotoni stampati di JSA e della MTS, i tappeti d’autore del laboratorio di Renata Bonfanti.  Contribuiscono a ricreare l’atmosfera degli anni del boom alcuni esempi iconici di design industriale, come il televisore orientabile Phonola 17/18 del 1956, l’orologio meccanico Cifra 5 di Solari e inoltre la macchina da scrivere Olivetti Lettera 22 del 1950 e la macchina da cucire Necchi Mirella del 1957, entrambe disegnate da Marcello Nizzoli e premiate con il Compasso d’Oro, il più autorevole premio mondiale di design, istituito nel 1954. 

La nascita ufficiale della moda italiana

Gli anni Cinquanta rappresentano anche per la moda un decennio di fondamentale importanza, tanto che al 1951 si fa risalire la nascita ufficiale della moda italiana, grazie all’iniziativa illuminata di Giovan Battista Giorgini, imprenditore che ebbe l’intuizione di riunire a Firenze i più importanti talenti creativi del momento, selezionati tra quelli che sceglievano di non ispirarsi alle tendenze provenienti da Parigi, che sin dal Settecento era considerata la patria della moda. Cominciava così la favolosa stagione della Sala Bianca di Palazzo Pitti, scenografia d’eccezione di sfilate che radunavano i compratori di tutto il mondo ponendo le basi del fenomeno dell’italian fashion. 

La mostra presenta una selezione dei più significativi modelli del periodo, abiti e accessori, tra i quali creazioni di Emilio Pucci, Emilio Schuberth, Roberto Capucci, Simonetta, Alberto Fabiani, Sorelle Fontana, Jole Veneziani, Gattinoni, Biki, Curiel, Marucelli, Gucci e Salvatore Ferragamo. Queste firme annoveravano tra la propria clientela le stelle del cinema hollywoodiano come Ava Gardner, Marilyn Monroe, Elizabeth Taylor, Esther Williams, oltre alle dive italiane, come Sophia Loren, Gina Lollobrigida e Elsa Martinelli. Al termine del decennio aprirà il suo atelier Valentino, che impronterà del suo stile i decenni successivi.

Nella promozione della nascente moda italiana sul piano internazionale si miscelavano sapientemente ingredienti unici come il patrimonio culturale italiano, un’artigianalità di altissimo livello e la vetrina offerta dalle produzioni cinematografiche. Se le capitali nazionali della moda erano Roma, Firenze e Milano, a nordest si preparavano dei talenti creativi destinati a grandi successi. Il triestino Renato Balestra, nel periodo considerato, era un apprezzato disegnatore per Schuberth e le Sorelle Fontana, ma avrebbe aperto un proprio atelier alla fine del decennio; a Milano già operava Gigliola Curiel. Mila Schön e Ottavio Missoni, entrambi dalmati, si affacciavano sulla scena della moda proprio negli anni Cinquanta per trionfare nel decennio successivo.
La sezione Design e Arti Applicate, che raccoglie circa 150 pezzi, provenienti da collezioni pubbliche e private, è stata curata da Carla Cerutti, con la consulenza scientifica dell’Associazione degli Archivi delle Arti Applicate Italiane del XX secolo. La sezione Moda è stata affidata a Enrico Minio Capucci e Raffaella Sgubin, con la partnership della Fondazione Roberto Capucci e la collaborazione dell’Archivio della Moda italiana di Giovan Battista Giorgini e dello CSAC (Centro Studi e Archivio della Comunicazione) dell’Università di Parma. 

I capi in mostra arrivano dalla Collezione Enrico Quinto e Paolo Tinarelli, dalla Fondazione Roberto Capucci e dagli archivi delle rispettive maison, come, per esempio, il Museo Salvatore Ferragamo, l’Associazione Germana Marucelli, la Fondazione Micol Fontana, la Fondazione Archivio Emilio Pucci.

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